Quali sono le realtà possibili e quale stiamo vivendo?

Nel convincente e rilevante lavoro della Dott.ssa G.M. D’Ambrosio dal titolo " Gli incontri ravvicinati e la scienza - come possiamo usare le scienze conosciute per esplorare l’insolito ? ", pubblicato sul n.10 di UFO Notiziario, compaiono nell’ambito delle ipotesi di ricerca nel campo degli IR4 alcune fondamentali domande che mi hanno particolarmente sollecitato e che da tempo comunque mi ero posto nel tentativo di dare ragione non solo alle esperienze di presunti rapimenti in particolare ma anche, in ambito più vasto, al fenomeno ufologico e se vogliamo anche a tutta quella fenomenologia definita di "confine" che non si può fare finta di ignorare.

Al di là dell’ipotesi, pur sempre legittima e contemplabile, che gli IR4 possano essere "un’invenzione o un’allucinazione" e che i meccanismi inconsci che li generano appartengano o meno alla fantasia di massa, le domande, legate alle altre ipotesi formulate nel succitato articolo, sono le seguenti:

Qual’è la nostra cognizione di realtà ? E chi la crea?

Quali sono le risorse con cui il nostro cervello e la nostra mente accedono a dimensioni diverse da quelle conosciute?

Il nostro cervello può essere stimolato dall’esterno con modalità diverse da quelle conosciute e quindi possiede potenzialità e funzioni "latenti" che non conosciamo?

Possiamo dirigere la nostra mente in direzioni diverse rispetto all’uso quotidiano?

Belle domande, non c’è che dire! Belle ma estremamente complesse e disarmanti.

Cercherò di dare alcune mie interpretazioni senza peraltro avere la benchè minima presunzione di fornire risposte assolute e definitive (e come potrebbe essere altrimenti?) né per quanto riguarda gli IR4 né sugli aspetti più profondi e per ora sconosciuti del nostro misterioso " meccanismo pensiero".

Per fare ciò che mi prefiggo in questa disamina, mi sembra opportuno analizzare quali sono gli studi e le ipotesi più all’avanguardia nel campo delle ricerche sul cervello umano, sulla sua struttura e sul suo strepitoso funzionamento, al di là della sua funzione più specificatamente fisica.

Inoltrandomi in questi "meandri" mi sono trovato spesso disorientato, perché le possibili implicazioni scaturite da simili ipotesi coinvolgono e, mi sia concesso, sconvolgono in modo decisivo e pesante il modo di concepire la nostra esistenza. Ma tant’è!

Dall’inizio degli anni ’80 diversi fisici, tra cui il francese d’Espagnat e l’inglese Bohm (1), hanno concretamente ipotizzato che la realtà, così come noi la concepiamo e percepiamo, non possa più essere considerata nel suo complesso come un qualcosa di indipendente dall’osservatore-uomo e non è sempre possibile, cioè in ogni condizione, darne una descrizione completamente oggettiva.

Il concetto di realtà classico-meccanicistica, tanto caro ancora oggi ai razionalisti più convinti e irriducibili, ha resistito per diversi secoli ma, con l’evoluzione rapida della fisica delle particelle avvenuta in questo straordinario ventesimo secolo e con l’avvento della fisica quantistica, il solido castello su cui si basa il concetto di realtà ha cominciato a vacillare. E vacilla sempre più.

Il comportamento della "materia" nella sua espressione microcosmica è, a dir poco, assolutamente sorprendente e sicuramente inimmaginabile secondo i canoni classici. Quanto queste caratteristiche incidano sul concetto stretto di realtà quotidiana non è dato di sapere al momento attuale, ma è mia opinione che questa sia la strada da percorrere umilmente se vorremo almeno tentare di dare ragione a una moltitudine di fenomeni che sono sotto gli occhi di noi tutti.

Ricordate l’immagine tridimensionale della Principessa Leia nel film "Guerre Stellari"? Quell’immagine era un ologramma in movimento. Alcuni scienziati, oggi, pensano che l’universo stesso sia una sorta di ologramma immenso, ma non soltanto un’immagine di straordinaria complessità ed estensione. Vi sono prove a livello scientifico (2) che suggeriscono che il nostro "mondo" e tutte le cose in esso contenute, dai fiocchi di neve alle piante, dalle stelle agli elettroni siano, per così dire, delle immagini spettrali, proiezioni provenienti da un livello di realtà talmente lontano dal nostro da essere letteralmente al di là dello spazio e del tempo.

L’aspetto più sbalorditivo di questo modello che chiameremo "olografico" è che esso da improvvisamente senso ad una vasta gamma di fenomeni talmente elusivi da essere posti, non sempre in buona fede, al di fuori dei confini della comprensione scientifica.

Kenneth Ring, uno psicologo presso la University of Connecticut (3), ha supposto che anche le esperienze di pre-morte potevano essere spiegate dal modello olografico e ritiene che simili esperienze, come la morte stessa in ultima analisi, siano null’altro che lo spostamento della coscienza da un livello dell’ologramma della realtà ad un altro.

Il Dott S.Grof, capo della ricerca psichiatrica presso il Maryland Psychiatric Research Center, nel 1985 pubblicò un lavoro (4) nel quale concludeva che i modelli neurofisiologici del cervello esistenti erano inadeguati e che solo il modello olografico era in grado di spiegare cose come le esperienze archetipiche, gli incontri con l’inconscio collettivo e altri particolari fenomeni sperimentati durante stati alterati di coscienza.

Il fisico D. Peat asserisce (5) che la sincronicità - coincidenze talmente insolite e psicologicamente significative da non sembrare il risultato del solo caso - può essere interpretata dal modello olografico e che queste straordinarie coincidenze possono, in effetti, essere "difetti o alterazioni della struttura della realtà". Esse rivelano che i nostri processi di pensiero sono connessi molto più intimamente al mondo materiale di quanto non abbiamo finora sospettato.

Un altro indizio a favore di questa "struttura olografica" è il paranormale stesso e nel corso degli ultimi decenni si è accumulata una notevole quantità di materiale e prove a sostegno dell’esistenza di esperienze di confine. Ovviamente tutto ciò deve essere documentato per poter essere definito come campo di studi, ma per il solo fatto che non tutto può essere chiarito dai modelli scientifici attuali, la scienza ha in linea di massima ignorato queste ricerche. E lo fa tuttora. E’ noto che la scienza non è libera da pregiudizi e alcuni suoi esponenti sono assuefatti alle loro convinzioni ed ai loro dogmi in modo così radicale che tutto ciò che minaccia questa assuefazione viene rifiutato con estrema energia. E’ così che sono nati organismi con il dichiarato scopo di dimostrare che tutto ciò non esiste. E’ scientifico questo atteggiamento? Lascio al buon senso la risposta, senza naturalmente abbracciare la tesi opposta.

Ma qualcosa sta lentamente cambiando. Un esempio fra i tanti: nel 1987 due studiosi della Princeton University, il fisico G.Jahn e la psicologa clinica B.J. Dunne annunciarono che, dopo sperimentazioni durate dieci anni, avevano accumulato prove inequivocabili che la mente può interagire psichicamente con la realtà materiale (6). Questo era noto a molte civiltà antiche, e anche attualmente molte religioni danno per scontata questa possibilità, mentre la civiltà definita "tecnologica" ha perso questo concetto.

Il cervello come ologramma.

L’enigma che spinse verso la formulazione del modello olografico fu l’interrogativo su dove e come i ricordi fossero conservati nel cervello (7). Si riteneva fino ad allora che ciascun ricordo di un individuo avesse una collocazione specifica in qualche punto delle cellule cerebrali. Stimolando i lobi temporali di pazienti pienamente coscienti essi rivivevano episodi passati della propria vita con dettagli molto vividi. Questi non erano sogni. Erano attivazioni elettriche della registrazione sequenziale di coscienza. Il soggetto riviveva tutto ciò di cui era stato consapevole in un passato anche molto lontano come in un "flashback" di un film.

Esperimenti effettuati in Florida presso il Yerkes Laboratory of Primate Biology (8) hanno dimostrato una caratteristica straordinaria del cervello di cavie da laboratorio. Addestrando le bestiole ad eseguire determinati compiti, come trovare l’uscita da un labirinto, ed asportando progressivamente parti di cervello anche molto vaste, si notò che, nonostante evidenti difficoltà motorie, le loro capacità di memoria rimanevano praticamente intatte, tanto che l’uscita dal labirinto veniva sistematicamente trovata. Era una scoperta incredibile!

L’unica risposta possibile era che i ricordi non fossero "localizzati" in aree specifiche ma, per così dire, distribuiti per tutto il cervello nel suo insieme. Individui con lesioni alla testa a causa di incidenti non subivano mai, se non temporaneamente, lacune drastiche e irreversibili nelle loro memorie, come se il cervello progressivamente recuperasse la piena funzione delle sue banche di memoria. E’ il concetto della "non località" dell’informazione. Ciò sembrò magico ai ricercatori e l’unico modello che poteva fornire la soluzione all’enigma era quello olografico.

Se gettiamo un sasso in uno stagno si produrranno una serie di onde concentriche che si propagano verso le sponde, ma se gettiamo due sassi, la complessa disposizione di creste e avvallamenti che risulta dalle collisioni delle due onde è nota come "schema di interferenza". Tutti i fenomeni di tipo ondulatorio, come la luce e le onde radio per esempio, producono schemi di interferenza. La luce laser è un tipo di luce estremamente pura o "monofrequenza", ed è particolarmente adatta a creare tali schemi.

Quando nel 1947 lo scienziato anglo-ungherese Dennis Gabor sviluppò l’idea dell’olografia (9), durante le sue ricerche per incrementare la risoluzione del microscopio elettronico, non pensava certo al laser. Il suo approccio fu essenzialmente matematico e la matematica da lui usata era un tipo di calcolo inventato nel diciottesimo secolo da un francese, Jean B.J. Fourier. Costui aveva sviluppato un sistema matematico per convertire qualsiasi schema in un linguaggio di onde semplici: questo sistema di equazioni è noto, appunto, come "trasformate di Fourier".

Che cos’è un ologramma, e quali sono le sue proprietà? Un ologramma ottico si produce quando un unico raggio laser viene diviso in due raggi separati dopo aver colpito l’oggetto-bersaglio. Il primo raggio impressiona direttamente la pellicola fotografica, mentre il secondo viene lasciato collidere con la luce riflessa del primo e, dopo aver compiuto un percorso diverso e più lungo attraverso un opportuno sistema di specchi, viene a sua volta fissato sul medesimo fotogramma. L’immagine sulla pellicola non ha nulla che assomigli neppure lontanamente all’oggetto fotografato; è letteralmente un’altra cosa, è l’immagine dello schema di interferenza prodotto dai due raggi laser sfasati tra loro. Ma appena un raggio laser di medesima frequenza attraversa il fotogramma, riappare una immagine tridimensionale e fantasticamente convincente dell’oggetto originale, tanto che è possibile girare attorno alla proiezione olografica potendola osservare da diverse angolazioni. Ma se si stende una mano per tentare di toccarla, essa passerà attraverso l’immagine ed "in realtà" in quello spazio non vi è nulla. Nessuno strumento può rilevare in quella zona di spazio alcun tipo di energia.

Ora se si seziona un frammento anche piccolo del fotogramma, sede vera dell’immagine, e si ripete l’operazione precedente, ci si aspetterebbe di vedere soltanto una porzione corrispondentemente piccola dell’oggetto, ma sorprendentemente esso compare in tutta la sua interezza. Quindi ogni piccolo frammento di pellicola contiene la completa informazione dell’intero.

Se è possibile che una piccola parte di pellicola olografica contenga tutta l’informazione necessaria per ricreare l’immagine, sembra ugualmente possibile che ogni piccola parte del cervello contenga tutta l’informazione necessaria per richiamare un ricordo completo. Straordinaria analogia!

Vari ricercatori hanno fornito notevoli prove che il sistema visivo lavora come una sorta di analizzatore di frequenza ed in particolare nel 1979 due neurofisiologi di Berkeley, Russel e Karen De Valois, fecero una scoperta determinante (10), poi confermata da altri laboratori: anche il cervello, nella sua funzione visiva, "usa" la matematica di Fourier per convertire le immagini nel linguaggio di forma d’onda di Fourier. Anche l’orecchio è un analizzatore di frequenza e così pure la pelle, sede del senso del tatto.

Ma a questo punto se, come abbiamo visto, l’immagine della realtà nei nostri cervelli non è una immagine ma un ologramma, è un ologramma di che cosa? Qual’è la vera realtà? Ed esiste una "vera e unica" realtà? E’ il mondo apparentemente oggettivo "sperimentato" dall’osservatore o l’immagine enigmatica e indistinta di schemi di interferenza creati e registrati dal sistema elettrico neuronale dalla macchina-cervello?

E’ possibile che la realtà sia un’illusione, e che ciò che esiste "là fuori" sia in effetti una specie di sinfonia di forme d’onda, un dominio delle frequenze che viene trasformato nel mondo che conosciamo solo dopo essere entrato nei nostri sensi e/o nella nostra coscienza?

Anche l’universo è un ologramma?

Se si considera la materia nelle sue macro-espressioni, cioè in ultima analisi gli oggetti che percepiamo tramite i cinque sensi, tutto fila liscio, tanto che le leggi della fisica classica spiegano in maniera esaustiva i fenomeni legati a questo tipo di aggregazione. Ma se entriamo nel microcosmo, nel mondo delle particelle "elementari" che compongono la materia, tutto diventa completamente diverso, anzi decisamente sfuggente. Nel campo dell’osservazione dei comportamenti della moltitudine di particelle che interagiscono tra loro, anche in condizioni estreme, sembra sia necessario fare i conti con un che di assolutamente non previsto.

La maggior parte di noi tende a pensare a un elettrone come a una minuscola sfera che si muove velocemente, ma nulla è più distante dalla verità. I fisici hanno scoperto che non possiede letteralmente dimensione: semplicemente non è un oggetto secondo la definizione comune. Esso può manifestarsi come una particella o come un’onda, e quando è in quest’ultimo stato e collide con un altro elettrone, si creano configurazioni di interferenza.

La luce, i raggi gamma, le onde radio, i raggi x possono mutare da onde a particelle e viceversa, ma oggi si tende a credere che tutti i fenomeni subatomici dovrebbero essere classificati in una singola categoria che non è né onda né particella.

Questo ibrido è chiamato "Quanta" e la cosa più stupefacente è che esistono prove inconfutabili che esso si manifesti come particella solo quando lo si osserva. Ciò può farci immaginare che dietro le nostre spalle il mondo sia sempre "una specie di oceano quantico in continuo fluire" e che, ogni qualvolta ci giriamo per osservare l’oceano, lo sguardo blocchi il fenomeno istantaneamente facendolo tornare alla realtà ordinaria. Qualunque cosa osserviamo si trasforma dunque in materia?

Se le particelle vengono ad esistere, come tali, soltanto in presenza di un osservatore, allora anche il parlare delle caratteristiche e delle proprietà di una particella, come se esistesse prima di essere osservata, è privo di senso.

In altre fasi sperimentali si è notato come due entità corpuscolari-ondulatorie, come i fotoni ad alta energia, sorte da collisioni tra altre particelle, viaggianti alla velocità della luce in direzioni opposte e pur divise da distanze relative molto grandi, reagissero istantaneamente e simultaneamente a misurazioni fatte dagli osservatori separatamente su ognuna di esse, come se fossero immerse in un continuum che le mantiene costantemente in contatto fra loro senza tenere, appunto, in conto alcuno la velocità della luce, limite invalicabile per ogni tipo di scambio di informazioni, almeno secondo i canoni delle relatività generale.

Siamo di fronte al concetto "dell’interconnessione" che descrive come la realtà fisica costituisca un "tutto" indivisibile e unico, a cui appartiene naturalmente anche l’Uomo.

Ora mi sembra legittima una domanda: ma se la realtà tangibile del nostro mondo, e dell’universo intero fosse una sorta di illusione, una immagine olografica, sotto di essa vi sarebbe un ordine di esistenza più profondo, un livello più vasto e fondamentale che dà origine a tutti gli oggetti e le apparenze del nostro mondo fisico in modo analogo a quello con cui una pellicola olografica dà origine a un ologramma?

La realtà si potrebbe comporre di livelli distinti: quello esplicito o evidente, cioè osservabile e misurabile, nel cui ambito si verificano i fenomeni fisici, e quello implicito, nascosto e inosservabile che ne costituisce l’aspetto più profondo e immutabile. Ma allora ci deve essere anche un "fattore" di tipo volitivo-organizzante che connetta continuamente questi due livelli di realtà secondo uno schema di natura prettamente psichica. Realtà quindi non solo composta in modo esclusivo di materia ed energia ma soprattutto di forma (o informazione) inconsciamente "voluta", e forse gestita a livello di coscienza collettiva. Oppure tutto ciò è deciso e gestito altrove? Esiste una volonta' che mantiene la realta' fondamentale in uno stato stabile, attingendo di volta in volta in questo "brodo" quantico per creare nuova realta' a livello esplicito?

L’esistenza di un ordine più profondo o implicito, organizzato secondo schemi olografici, potrebbe significare che l’informazione è distribuita non localmente: quindi considerare l’universo composto da parti distinte diventa un non-senso. Tutto è parte di una continuità nonostante l’apparente separatezza delle cose a livello esplicito.

I nostri cervelli costruirebbero matematicamente la realtà oggettiva e la manterrebbero, interpretando schemi di frequenze che sarebbero, in definitiva, proiezioni provenienti da altre dimensioni, da un ordine di esistenza più profondo, al di là dello spazio-tempo al quale apparteniamo. Il nostro cervello potrebbe quindi essere un trasduttore di realtà.

Gli UFO possono essere un fenomeno olografico?

Quando la gente iniziò a riferire, alla fine degli anni ’40 (ma i primi avvistamenti, com’è noto, sono molto più antichi), avvistamenti di navicelle provenienti da altri pianeti, molti ricercatori presero il fenomeno sul serio e presupposero che fossero esattamente ciò che sembravano: apparecchi guidati da intelligenze più avanzate, probabilmente extraterrestri, nel senso classico del termine.

Tuttavia, quando gli incontri divennero più diffusi - specialmente quelli che comportavano un contatto con i loro occupanti - divenne evidente che questi oggetti potevano non essere originariamente extraterrestri. Le ragioni di questa interpretazione potrebbero essere le seguenti:

* Si verificano troppi avvistamenti. Come sappiamo, sono documentati migliaia di incontri con UFO e loro occupanti.

*Gli occupanti di UFO molto spesso non presentano caratteristiche che ci si aspetterebbero in una forma di vita davvero extraterrestre, secondo i nostri canoni.

E’ chiaro che nessuno potrebbe, almeno con le basi scientifiche attuali, descrivere con sufficiente esattezza le molteplici variabili e condizioni che entrerebbero in gioco nella creazione di altre forme di vita intelligente, a meno di farlo con infinita presunzione. Molti sono descritti come umanoidi, respirano la nostra aria, non sembrano essere sensibili ai virus terrestri, sopportano la nostra gravità, mostrano alcune emozioni e parlano il nostro linguaggio. Sono caratteristiche possibili, intendiamoci, ma abbastanza improbabili.

* Non si comportano come visitatori extraterrestri o, meglio, non come ci aspetteremmo. C’è una componente illogica nella metodologia adottata dai presunti alieni negli incontri ravvicinati.

* Infine gli UFO non si comportano nemmeno come gli oggetti materiali ma come qualcosa di ben diverso: possono cambiare dimensione, scomparire all’improvviso, apparire dal nulla, cambiare colore e forma. Alcunii ricercatori sono giunti alla conclusione che, piuttosto che provenire da altri sistemi stellari, gli UFO possano essere visitatori da altre dimensioni o livelli di realtà, avendo delle caratteristiche di tipo olografico.

 

Mentre Carl Jung propose la componente psicologica e archetipica del fenomeno UFO, senza peraltro negarne la realtà oggettiva (11), Vallee portò l’osservazione un passo avanti (12). Togliendo la componente archetipica, alla radice del fenomeno c’è un qualcosa di vasto, di pulsante, di vivo che cambia la sua forma quasi adeguandosi alla cultura e al momento nel quale si manifesta. Vallee non identifica questo "qualcosa", ma dichiara che sembra essere intelligente e senza tempo. Gli UFO sono più espressione di una intelligenza "Aliena" che un fenomeno paranormale.

E se fossero anch’essi una materializzazione indotta di tipo olografico proveniente da una dimensione coniugata dell’universo? Una materializzazione indotta e quindi voluta? Potrebbe essere uno dei modi attraverso i quali una intelligenza di incredibile complessità sta comunicando con noi da una specie di multi-universo che la scienza ha rifiutato di prendere in considerazione.

Se riceviamo la visita di esseri per qualche verso inconsistenti e plasmabili nella forma, può non essere affatto sorprendente che essi possano apparire in una moltitudine camaleontica di forme e che, in effetti, il loro aspetto reale potrebbe essere talmente al di là delle nostra comprensione che potrebbero essere le nostre menti organizzate e stimolate olograficamente a dare loro questo aspetto. Allo stesso modo in cui "trasformiamo" gli esseri di luce incontrati durante le NDE (esperienze di pre-morte) in personaggi religiosi, le nostre menti scolpiscono forse l’aspetto del fenomeno UFO.

Se così stanno le cose, significa che la vera realtà di questi esseri è così ultraterrena e sfuggente che dovremmo sondare le più profonde regioni della memoria popolare e della mitologia per trovare i simboli necessari a spiegarli. Ma significa anche che dobbiamo essere estremamente attenti nell’interpretare le loro azioni: per esempio, gli esami medici che stanno al centro di così tanti casi di "abduction" potrebbero essere una rappresentazione simbolica.

Piuttosto che esaminare i nostri corpi fisici - come a noi appare - queste intelligenze stanno forse sondando qualche parte di noi per la quale, al momento, non abbiamo alcuna definizione accettabile, sia essa la nostra sottile struttura energetica oppure la nostra anima.

Il problema forse non è se questi esseri esistono o meno o in che senso esistono e dove, ma quale scopo ultimo hanno.

Qual’è la vera identità di questa intelligenza che si è presentata sul palcoscenico di questo nostro mondo e ha iniziato una "rappresentazione" così complessa? E soprattutto, chi sono gli attori e chi sono gli spettatori?

Aldo Rocchi

Note e titoli originali:

1) Bohm, Wholeness and the Implicate order, 1980

2) M. Talbot, The olographic universe, 1991

3) M. Talbot, The olographic...

4) S. Grof, Beyond the brain, 1985

5) F. David Peat, Syncronicity: the bridge between Matter and Mind, 1987

6) R.G.Jahn e B.J. Dunne, Margin of Reality, 1987

7) W. Penfield, The Mistery of the mind, 1975

8) K.H. Pribram, Language of the Brain, 1977

9) D.Gabor Premio Nobel 1971 per gli studi sull’olografia.

10) M. Talbot, The olographic....

11) C.G. Jung, Su cose che si vedono in cielo, 1959

12) J. Vallee, Passport to Magonia, 1969


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